IL COMMISSARIO PER LA LIQUIDAZIONE DEGLI USI CIVICI 
                PER LE REGIONI LAZIO,UMBRIA e TOSCANA 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
n.  5  del  registro  generale  contenzioso  civile  dell'anno   2018
vertente, tra Maurizio Frattini rappresentato e difeso  dall'avvocato
Giovanni Culla, ricorrente e societa' GI.MA, a r.l., rappresentata  e
difesa dagli avvocati  Fulvio  Zardo  e  Roberta  Neri,  la  societa'
Mercurio Mortage Finance, rappresentata e difesa dall'avvocato  Irene
Desolina Brolo, la Regione Lazio rappresentata e difesa dall'avvocato
Rita Santo, resistenti e Comune di Ardea Alessandro Pinsone,  Pinsone
Sabine, Perfili Melissa e Cinquepalmi Gianluca, resistenti  contumaci
avente ad oggetto: accertamento qualitas soli. 
 
                              F a t t o 
 
    Con ordinanza del 14 novembre 2017 il giudice dell'esecuzione del
Tribunale di Velletri disponeva trasmettersi a  questo  commissariato
copia della comparsa di costituzione di Maurizio Frattini per  quanto
di propria competenza»  in  quanto  quest'ultimo  aveva  rilevato  la
presenza  di  usi  civici   sull'immobile   oggetto   di   esecuzione
immobiliare. 
    Deduceva Maurizio Frattini di aver  ricevuto,  nel  dicembre  del
2016, atto di pignoramento immobiliare da parte della societa' GI.MA.
s.r.l.  per  L'importo  di  €  40.747,34  intendendo  sottoporre   ad
esecuzione forzata gli immobili siti nel Comune di Ardea. 
    Nell'ambito della detta procedura esecutiva il CTU nominato, Ing.
Piero Simonetta, redigeva la perizia dell'esperto ex art. 568  codice
di procedura civile depositandola in data 4 ottobre  2017,  indicando
che il bene pignorato risultava gravato da usi civici. 
    Con decreto del  26  febbraio  2018  veniva  quindi  disposto  il
giudizio commissariale. 
    Si  costituiva  in  giudizio  il  ricorrente  Maurizio   Frattini
chiedendo che fosse accertata «l'effettiva natura del  bene  stagito,
ovvero di bene soggetto ad usi civici». 
    Si costituivano in giudizio la societa' GI.MA s.r.l a mezzo degli
avvocati Giorgia Mereu e Federico Pesce e la Barclays  Bank  PLC,  in
proprio e nella  qualita'  di  procuratore  della  societa'  Mercurio
Mortage Finance s.r.l. a mezzo  dell'avvocato  Irene  Desolina  Brolo
richiamando  le  proprie  difese  svolte   nel   processo   esecutivo
insistendo per l'accertamento della natura allodiale dei terreni. 
    Si costituiva in giudizio la Regione Lazio eccependo  il  difetto
di giurisdizione del commissario. Non si costituiva  in  giudizio  il
Comune di Ardea. 
    II   contraddittorio   veniva   integrato   nei   confronti   dei
comproprietari Alessandro Pinsone, Pinsone Sabine, Perfili Melissa  e
Cinquepalmi Gianluca che non si costituivano in giudizio. 
    Veniva acquisita la perizia  redatta  dall'ing.  Piero  Simonetti
innanzi al Tribunale di Velletri. Con ordinanza del  20  luglio  2018
veniva disposto il sequestro degli immobili oggetto di giudizio. 
    In data 31 luglio 2018 perveniva dal Comune di  Ardea  -  rimasto
contumace -  documentazione  attestante  la  liquidazione  degli  usi
civici. 
    Veniva disposta una Consulenza tecnica d'ufficio con  nomina  del
doti. Giandomenico Alberati. Precisate le conclusioni all'udienza del
19 giugno 2020, tenuta con modalita' scritta ex art. 83,  comma  VII,
lettera b. del decreto-legge 18120, la  causa  veniva  trattenuta  in
decisione previa concessione alle parti dei termini di  cui  all'art.
190  codice  di  procedura  civile  per  il  deposito   di   comparse
conclusionali e memorie di replica. 
 
                            D i r i t t o 
 
    1. Esaminati gli atti del procedimento, ritiene il giudicante  di
dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come
modificato dall'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 6 del  2005
- in riferimento agli arti. 3, 9, 117, secondo comma,  lettere  l)  e
s), e 118 della Costituzione. 
    Infatti la legge regionale sopra consente la  liquidazione  degli
usi civici gravanti  su  terreni  di  proprieta'  privata  qualora  i
medesimi   abbiano   acquisito   carattere   edificatorio   «per   la
destinazione degli strumenti urbanistici generali  e  loro  varianti,
oppure, in mancanza di  strumento  urbanistico  generale,  in  quanto
ricadenti in aree  urbanizzate  come  indicate  dalla  pianificazione
paesistica regionale». 
    2. La questione e' rilevante ai fini' del  presente  giudizio  in
quanto,  in  base  alla  normativa   regionale,   a   seguito   della
presentazione di istanza «ai sensi dell'art. 4, comma 2, della  legge
regionale 27 gennaio 2005 n. 6» da parte del proprietario  il  Comune
di Ardea, con determina n. 354108 del 24 giugno 2008  deliberava  «La
liquidazione dell'uso civico di  pascolo,  legnatico  e  semina»  sui
terreni oggetto di giudizio disponendo  che  «Conseguentemente  detto
terreno e' affrancato dal diritto civico di pascolo, legnatico semina
mediante l'imposizione di  un  capitale  d'affrancazione  pari  ad  €
198.80» talche' questo Giudice dovrebbe  limitarsi  a  prendere  atto
dell'avvenuta estinzione dei diritti di uso civico la  cui  esistenza
veniva appurata dal CTU nominato. 
    L'univocita' della previsione legislativa  non  consente  diverse
interpretazioni, costituzionalmente compatibili,  e  la  liquidazione
degli usi civici deriva direttamente dalla legge impugnata  (che  non
puo'  essere  disapplicata)  non  essendo  necessari  ulteriori  atti
amministrativi. 
    Neppure si richiede  di  svolgere  alcuna  attivita'  istruttoria
essendo pacifici i fatti di causa e l'originaria presenza  degli  usi
civici  tanto  che  la  causa,  sull'accordo  delle   parti,   veniva
trattenuta in decisione. 
    3. La questione poi non e' manifestamente infondata. 
    4. Invero la Regione Lazio emanava, in data 3  gennaio  1986,  la
legge n. 1 contenente il  «Regime  urbanistico  dei  terreni  di  uso
civico e relative  norme  transitorie»  poi  modificata  dalla  legge
regionale n. 6 del 27 gennaio 2005. 
    In questa sede viene censurato  l'art.  4  della  predetta  legge
della Regione che cosi' stabilisce: «1. Sono attribuiti ai comuni  le
cui collettivita' sono titolari dei diritti di uso civico le funzioni
ed i compiti amministrativi concernenti la liquidazione  dei  diritti
stessi gravanti su terreni privati i quali, per la destinazione degli
strumenti urbanistici generali e loro varianti, oppure,  in  mancanza
di strumento  urbanistico  generale,  in  quanto  ricadenti  in  aree
urbanizzate come indicate dalla pianificazione paesistica  regionale,
abbiano acquisito carattere edificatorio.... ». 
    5.  Deve  osservarsi  che  la  materia  degli   usi   civici   e'
disciplinata in modo  tendenzialmente  esaustivo  da  norme  statali:
legge 16 giugno 1927 n. 1766, regolamento approvato con regio decreto
n. 322 dei 1928 e legge 168/2017. 
    Tali norme prevedono speciali procedure di liquidazione degli usi
civici. 
    Alle Regioni sono state trasferite, dai decreti presidenziali  n.
11 del 15 gennaio 1972 e 616 del 24 luglio  1977,  le  sole  funzioni
amministrative connesse alle ipotesi di liquidazione degli usi civici
e  quindi  la  Regione  Lazio  non  avrebbe  potuto   emanare   norme
derogatorie  di  quelle  statali  introducendo   nuove   ipotesi   di
liquidazione degli usi civici non previste dalla normativa statale. 
    Invero, nel caso in esame, la sottrazione dei terreni gravati  da
usi civici  alla  loro  destinazione  viene  realizzata  dalla  legge
regionale attraverso una procedura diversa  da  quelle  previste  dal
legislatore statale onde garantire  l'interesse  della  collettivita'
alla conservazione degli usi civici e alla salvaguardia dell'ambiente
e del paesaggio. 
    6. Giova osservare che gli usi civici sono stati configurati  dal
legislatore   statale    come    tendenzialmente    imprescrittibili,
inusucapibili ed indisponibili (art. 12, secondo comma,  della  legge
n. 1766 del 1927 e a. 3, comma III, legge 168/2017). 
    Il regime di indisponibilita' dei beni gravati da uso  civico  e'
stato  interpretato   restrittivamente   dalla   giurisprudenza   (ex
plurimis, Cass., sezione seconda, 24 luglio 1963, n. 2062) mentre  la
legge regionale li considera liberamente  alienabili  a  seguito  del
mero  acquisto  della  potenzialita'  edificatoria  capovolgendo   le
procedure dettate dalle norme statali. 
    In altre parole se la legge nazionale consente l'edificazione dei
terreni dopo la  liquidazione  degli  usi  civici  secondo  la  legge
regionale e' la stessa vocazione edificatoria acquistata dai  terreni
a consentire la liquidazione degli usi da parte del Comune. 
    Invece la sottrazione di un bene gravato da usi  civici  a  detta
destinazione puo' avvenire solo con le forme e  nei  limiti  previsti
dalla normativa primaria. 
    Inoltre, mentre per i beni demaniali e' prevista, seppure in casi
eccezionali, la sclassificazione tacita del suolo, per i beni  civici
tale classificazione e' esclusa, anzi vietata, come ha  precisato  la
Corte di Cassazione con la sentenza 12 dicembre 1953, n. 3690. 
    Pertanto la legge impugnata si pone in irriducibile contrasto con
la legislazione nazionale costituita dalla legge 16 giugno  1927,  n.
1766, sul riordinamento degli usi civici nel Regno, dal regio decreto
26 febbraio 1928 n. 332 e dalla legge n. 168/2017 che  non  prevedono
tali forme di liquidazione. 
    7. Sotto altro profilo deve osservarsi che, l'art. 1, lettera h),
della  legge  8  agosto  1985  n.  431,  ha  sottoposto   a   vincolo
paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 «le  aree
assegnate alle Universita' agrarie e le zone gravate da usi civici». 
    Tale  previsione  viene  ribadita  dall'  art.  142  del  decreto
legislativo n. 42 del 2004 che dichiara di  interesse  paesaggistico,
tra le altre, «le aree assegnate alle universita' agrarie e  le  zone
gravate da usi civici (lettera f) che  quindi  vengono  inserite  nel
Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    Stabilisce inoltre l'art. 3, comma VI, della legge 16812017,  che
con l'imposizione del  vincolo  «l'ordinamento  giuridico  garantisce
l'interesse della collettivita' generale alla conservazione degli usi
civici  per  contribuire  alla  salvaguardia  dell'ambiente   e   del
paesaggio». 
    Si tratta di norme  di  grande  riforma  economico-sociale  (Cfr.
Corte costituzionale, sentenze n. 210 del 2014, n. 207 e  n.  66  del
2012, n. 226 e n. 164 del 2009) con conseguenti limiti  all'esercizio
della competenza legislativa primaria delle Regioni. 
    8. La funzione di tutela dell'ambiente svolta dagli usi civici e'
stata  magistralmente  ricostruita  dalla  Corte  costituzionale  (si
vedano per tutte l'ordinanza n. 316 del 1998 e le sentenze nn.  46/95
e 133193). 
    La Corte costituzionale ha  evidenziato  un  «interesse  unitario
della comunita' nazionale alla conservazione  degli  usi  civici,  in
quanto e nella misura in cui concorrono a determinare  la  forma  del
territorio su cui  si  esercitano,  intesa  quale  prodotto  di  «una
integrazione fra uomo e ambiente naturale» (sentenza n. 46 dei 1995). 
    In particolare la Corte costituzionale, nella sentenza n. 391 del
1989,  ha  affermato  che  nell'ordinamento  costituzionale   vigente
prevale - nel caso dei beni civici - l'interesse;  «di  conservazione
dell'ambiente naturale in vista di  una  [loro]  utilizzazione,  come
beni ecologici, tutelato dall'art. 9, secondo comma, Cost.» 
    In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti
ambientali e culturali che contiene, a  costituire,  di  per  se,  un
valore costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). 
    Anche la Cassazione ha ricostruito la nozione  di  bene  pubblico
«quale   strumento   finalizzato   alla   realizzazione   di   valori
costituzionali» (Corte di Cassazione, Sezioni unite civili,  sentenza
n. 3811 del 2011). 
    L'art.  117  della  Costituzione,  lettera   a),   riserva   alla
legislazione  esclusiva  dello  Stato   la   «tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali» (ex plurimis, sentenza  n.  367
del 2007). 
    Si legge nella sentenza n. 103 del 2017 che:  «Il  riconoscimento
normativo della valenza ambientale dei beni civici ha determinato, da
un lato, l'introduzione di  vincoli  diversi  e  piu'  penetranti  e,
dall'altro, la sopravvivenza del principio tradizionale, secondo  cui
eventuali mutamenti di destinazione - salvo  i  casi  eccezionali  di
legittimazione  delle  occupazioni  e   di   alienazione   dei   beni
silvo-pastorali - devono essere compatibili con l'interesse  generale
della comunita' che ne e' titolare». Ne deriva che la  Regione:  «non
possa assumere, unilateralmente, decisioni che liberano  dal  vincolo
ambientale porzioni del territorio. Oltre alle ipotesi  di  mutamento
di  destinazione,  che   sostanzialmente   rimodellano   il   vincolo
ambientale verso una nuova finalita' comunque conforme agli interessi
della collettivita', devono assolutamente  soggiacere  al  meccanismo
concertativo le ipotesi di classificazione, che  sottraggono  in  via
definitiva il bene alla  collettivita'  ed  al  patrimonio  tutelato»
(Cfr. Corte costituzionale n. 103 del 2017). 
    Invece la Regione Lazio, con la norma impugnata, ha profondamente
inciso su tale  materia  consentendo  che  aree  del  suo  territorio
potessero essere sottratte  alla  normativa  statale  in  materia  di
tutela ambientale senza il concorso di organi dello Stato. 
    Infatti la  Regione  Lazio,  attraverso  la  predetta  legge,  ha
determinato una automatica classificazione dei terreni gravati da uso
civico solo perche' divenuti edificabili ma  la  normativa  regionale
«non puo', salvo i casi suscettibili di alienazione e  legittimazione
previsti  dalla  legge  n.  1766   del   1927,   servire   a   sanare
indiscriminatamente occupazioni abusive» (cfr.  Corte  costituzionale
n. 103 del 2017). 
    9. E evidente che tale  norma  eccede  la  competenza  regionale,
incidendo nelle materie della «tutela dell'ambiente,  dell'ecosistema
e dei beni culturali» riservate al legislatore statale dall'art. 117,
lettera   s)   come   peraltro   gia'   riconosciuto   dalla    Corte
costituzionale, da ultimo, nelle sentenze nn. 178/2018 e 71/2020. 
    La competenza legislativa regionale in materia  incontra  poi  il
limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica  quali  le  evocate  disposizioni  del  codice  dei   beni
culturali e del paesaggio (Cfr. Corte costituzionale sentenza n.  210
del 2014). 
    10. La norma regionale in questione si pone quindi  in  contrasto
con l'art. 9 della Costituzione. 
    La liquidazione degli usi civici con  conseguente  edificabilita'
dei suoli collide con la tutela del paesaggio, inteso come morfologia
del territorio, cioe' l'ambiente nei suo aspetto visivo. 
    In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti
ambientali e culturali che contiene, che e'  di  per  se'  un  valore
costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). 
    Sul punto deve rilevarsi che la pianificazione paesaggistica deve
essere  esercitata,  di  concerto,  da   Stato   e   Regione   (Corte
costituzionale n. 21012014). 
    11. Sotto altro profilo la legge regionale incide  nella  materia
dell'ordinamento civile «che si pone quale limite  alla  legislazione
regionale, in quanto  fondato  sull'esigenza,  sottesa  al  principio
costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio  nazionale
l'uniformita' della disciplina dettata per i  rapporti  interprivati.
La  materia  dell'ordinamento  civile,  quindi,  identifica   un'area
riservata alla competenza  esclusiva  della  legislazione  statale  e
comprende  i  rapporti   tradizionalmente   oggetto   di   disciplina
civilistica (ex plurimis, sentenze n. 123 del 2010, n. 295 del 2009 e
n. 352 del 2001). Se e' innegabile che l'individuazione della  natura
pubblica o privata dei beni appartiene all'«ordinamento civile», deve
concludersi che la disposizione censurata, nel disporre la  descritta
alienabilita', introduce  una  limitazione  ai  diritti  condominiali
degli utenti non prevista dalla normativa statale in  materia  ...  E
d'altronde, nell'intero arco temporale di vigenza del Titolo V, Parte
11, della Costituzione - sia nella versione  antecedente  alla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modiche al titolo V della parte
seconda della Costituzione), sia in quella successiva  -  e,  quindi,
neppure a seguito dei decreto del Presidente della Repubblica  n.  11
del 1972 e n. 616 del  1977  precedentemente  richiamati,  il  regime
civilistico dei beni  civici  non  e'  mar  passato  nella  sfera  di
competenza delle Regioni. Infatti, la materia «agricoltura e foreste»
di  cui  al  previgente  art.  117   Cosi',   che   giustificava   il
trasferimento delle funzioni alle Regioni e l'inserimento  degli  usi
civici nei  relativi  statuti,  mai  avrebbe  potuto  comprendere  la
disciplina della titolarita' e dell'esercizio di  diritti  dominicali
sulle terre civiche» (Cfr. Corte costituzionale sentenza n.  113  del
2018). 
    12. I diritti esercitati sui beni  di  uso  civico  hanno  natura
dominicale,  come  costantemente  riconosciuto  dal   giudice   della
nomofilachia, secondo il quale, nei giudizi relativi all'accertamento
e all'esistenza di  beni  del  demanio  civico,  qualunque  cittadino
appartenente a quella  determinata  collettivita'  e'  legittimato  a
svolgere intervento, «in quanto la sentenza emanando fa  stato  anche
nei suoi confronti quale partecipe della comunita' titolare degli usi
o delle terre demaniali di cui si controverte» (da ultimo,  Corte  di
cassazione, sezione seconda  civile,  sentenza  29  luglio  2016,  n.
15938). 
    La norma regionale disciplina, in difformita' dalla legge n. 1766
del 1927 e dal regio decreto n. 332 del 1928 che la  attua,  istituti
di natura civilistica comportanti il regime dei beni da sottrarre  al
vincolo paesistico-ambientale. 
    L'art. 4 della legge della Regione Lazio  n.  111986  (tosi  come
modificata  dalla  legge  regionale  n.  61005)  si  pone  quindi  in
contrasto con Part. 117, secondo comma, lettera 1)  Costituzione,  in
quanto il regime dominicale degli usi civici appartiene alla  materia
«ordinamento civile» di competenza esclusiva dello Stato. 
    13. Giova rilevare come la materia dei domini collettivi sia oggi
espressamente riservata alla «Competenza  dello  Stato»  dall'art.  2
della legge n. 168/2017. 
    14. La norma censurata si pone altresi' in contrasto  con  l'art.
118  Cast.  per  il  mancato  rispetto   del   principio   di   leale
collaborazione, stante la «connessione indissolubile tra  materie  di
diversa attribuzione» anche alla luce della sentenza n. 210 del 2014. 
    Invero  il  legislatore  regionale  ha  proceduto  con  modalita'
unilaterali preclusive della considerazione degli  interessi  sottesi
alla competenza legislativa di cui lo Stato e' titolare. 
    15. La legge regionale  confligge  infine  con  il  principio  di
ragionevolezza (a. 3 della Costituzione) e e di coerenza interna  del
sistema normativo  in  quanto  all'art.  1  stabilisce  che:  «1.  La
pianificazione paesistica prevista dalla normativa vigente in materia
determina le prescrizioni, dirette alla salvaguardia  delle  zone  di
uso civico in vista del preminente interesse alla conservazione della
loro destinazione  naturale,  alle  quali  i  comuni  sono  tenuti  a
conformare i loro strumenti urbanistici». 
    Dunque  le  aree  gravate  da  usi   civici   dovrebbero   essere
inedificabili come peraltro pacificamente ritenuto dalla  dottrina  e
giurisprudenza. 
    L'art. 14 consente invece la liquidazione degli usi civici  sulle
aree  gravate  da  usi  civici  divenute  edificabili  in  violazione
pertanto delle prescrizioni di cui all'articolo i e ledendo,  in  tal
modo, l'interesse super  primario  dello  Stato -  Amministrazione  e
dello Stato - Comunita' alla conservazione dello stato dei  luoghi  e
del paesaggio. 
    16. Occorre, quindi, disporre l'immediata rimessione  degli  atti
processuali alla  Corte  costituzionale  perche'  si  pronunzi  sulla
questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della  legge
della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art.  4
della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005. 
    17. La rimessione comporta la sospensione necessaria del presente
giudizio,  avente  ad  oggetto,  nel  merito,  l'accertamento   della
qualitas soli del terreno in  questione.  Appare  altresi'  opportuno
disporre il dissequestro dei beni.